La bandiera a scacchi che decreterà la fine di questo inverno concitato e frenetico per i reparti tecnici dei vari team, preludio all’imponente cambio regolamentare che attende il Circus (il più grande della sua storia ultra settantennale), è ormai dietro l’angolo.
Siamo nel bel mezzo delle presentazioni delle vetture che riporteranno l’effetto suolo nella massima serie automobilistica, ed è palpabile l’entusiasmo da parte di tutto il microcosmo della F1 di vederle in pista. Ancor di più dopo la stagione che abbiamo appena vissuto, la più emozionante dell’ultimo decennio, con un finale al cardiopalma, degno di una sceneggiatura hollywoodiana.
E quindi, prima di catapultarci a capire quale sarà il team che avrà interpretato al meglio il nuovo ciclo tecnico, andiamo a rivivere le emozioni di una stagione che è entrata nelle menti degli appassionati e che è destinata ad entrare nella leggenda.
L’af…fondo della corazzata grigio-nera e della sua sorella rosa
In principio la stagione 2021 avrebbe dovuto essere segnare il ritorno all’effetto suolo, ma causa pandemia, i team presero la decisione di rinviare di un anno l’ingresso nella nuova era. Complice un aumento del carico aerodinamico che avrebbe messo in crisi le gomme Pirelli (costruzione dello pneumatico vecchia di 2 stagioni), fu deciso di apportare alcuni correttivi uno dei quali fu il taglio del fondo nella parte antistante le ruote posteriori, riducendo di circa il 10% la deportanza.
Sembrava dovesse essere un cambiamento di poco conto agli occhi della stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, il che non avrebbe dovuto comportare uno stravolgimento a livello di valori nella griglia rispetto alla stagione 2020. Invece, già dall’unica sessione di test in Bahrain, si ebbe la sensazione che questo cambiamento avesse procurato molti danni. Ed a farne le spese furono due squadre: l’Aston Martin (ex Racing Point, con la RP20 rinominata Mercedes Rosa), che fece ritorno in F1 dopo 60 anni, ma soprattutto la Mercedes.


La W12 apparve molto nervosa fin dai primi chilometri, e con il passare delle ore la situazione non migliorò affatto. Gli uomini in nero le provarono tutte, non riuscendo a capire da dove derivassero tutti questi problemi, visto che la progenitrice fu impeccabile ed imbattibile nel 2020. Si scoprì, in seguito, che le monoposto con filosofia low rake furono penalizzate da questa modifica regolamentare, guarda caso proprio Aston Martin e Mercedes.
Al contrario chi non ebbe nessun problema fu la Red Bull, che pareva essere già in uno stato di forma invidiabile, per un team che solitamente è abituato a faticare nella prima metà per poi uscire nella seconda parte di stagione.
Questo scenario iniziò a far sperare tutti gli appassionati che finalmente la Mercedes fosse diventata vulnerabile e Verstappen, grazie ad una RB16B pronti via molto competitiva, potesse dare l’assalto all’alloro iridato, spezzando così un dominio che durava dall’inizio dell’era turbo-ibrida.
Una nuova rivalità si accende
Pronti via e quella che era una speranza si tramuta in realtà.
Pur vincendo la prima gara in Bahrain con Hamilton grazie ad un errore di Verstappen, che superò l’inglese oltre i limiti della pista e fu costretto a cedere la posizione, la Mercedes non era più la schiacciasassi dell’anno precedente. Ed il livello dello scontro si iniziò ad alzare già al via della seconda gara ad Imola, quando l’olandese accompagnò il 7 volte campione del mondo fuori pista in curva 1 alla partenza sotto il diluvio.
Ma la lotta si iniziò a protrarre anche fuori dalla pista con accuse reciproche sul lato tecnico, ed il primo caso fu la contestazione dei tedeschi ai danni degli austriaci, dopo il weekend di Barcellona, per una flessione oltre il limite dell’ala posteriore della RB16B. La FIA dovette rivedere i livelli di carico durante le verifiche statiche, per evitare queste flessioni, costringendo i team a riprogettare le proprie ali, dandogli tempo fino al GP di Azerbaijan.
La Red Bull durante la prima parte del campionato sembrava inarrestabile, tanto da riuscire a vincere in piste che erano dei veri e propri feudi Mercedes. Ne è un esempio l’affermazione di forza del #33 al Paul Ricard. Tutto questo è stato possibile grazie ad un corpo vettura che garantisse la giusta quantità di carico in curva e la possibilità di scaricare l’ala posteriore per ottenere delle velocità interessanti allo speed trap, unite alla potenza del motore Honda RA621H.
Mentre la freccia nera non poteva permettersi meno incidenza delle ali, altrimenti andava incontro ad uno squilibrio generale della monoposto, unito anche ad una mancanza di efficienza aerodinamica che la costringeva a difendersi sul dritto. Velocità massime che sono state quasi sempre il vero punto di forza negli anni dell’era ibrida della Stella.
Ma il primo turning point della stagione arriva in casa di Hamilton e della Mercedes, a metà della corsa mondiale, dove la rivalità tra i piloti e team sboccerà.
Il team di Brackley portò l’ultimo grande pacchetto di aggiornamenti, comprendente un nuovo fondo, che diede subito i suoi frutti ristabilendo quell’equilibrio perso durante la prima parte di stagione. Tanto da mettere il beniamino di casa in pole al venerdì, visto che fu la prima volta del format del weekend della sprint race in F1. Hamilton perse la pole position il sabato partendo male (come gli capitò sempre a Silverstone nel 2018 partendo da quella casella) ai danni di Verstappen, e terminò la mini gara in seconda posizione.
Un duro colpo da digerire, visto che il vantaggio di Max in classifica era prossimo alla gara di vantaggio. Ma non volle mollare proprio davanti ai suoi tifosi. Ed infatti la domenica in partenza fu duro, ma altrettanto lo fu il 23enne olandese, noto per non tirare mai indietro la gamba. E dopo una serie di attacchi non andati a buon fine da parte del #44, i due arrivarono appaiati a Copse, una delle curve più estreme dell’intero calendario, e nessuno dei due si tirò indietro. Il contatto fu inevitabile.

Ad avere la peggio fu Versteppen che venne sbalzato sulle barriere ad oltre 300 km/h con un impatto laterale terribile di 51 G, finendo per accertamenti in ospedale. Fortunatamente nessuna conseguenza per lui, se non un forte mal di testa. Hamilton, invece, riuscì a rimanere in pista e, nonostante la penalità di 10 secondi e qualche danno riparato durante la bandiera rossa, riuscì a vincere il Gp di casa.
Ovviamente l’incidente fece scatenare violenti polemiche nelle settimane a seguire, acuite dallo strike innescato da Bottas sul bagnato in Ungheria. Verstappen in quel caso vide la sua RB16B gravemente danneggiata incolpevolmente, e riuscì a limitare i danni finendo 9°, guadagnando una posizione per la squalifica di Vettel, finito 2°. In due gare l’olandese si vide non solo azzerato il vantaggio, ma addirittura scavalcato dal rivale.
Lotta all’ultimo sangue
Dopo le vacanze Verstappen mise a segno un altro uno-due, nelle piste di casa. In Belgio (dopo la gara farsa) e soprattutto davanti alla marea arancione, nel rientrante GP d’Olanda. Ma un altro momento ad alta tensione si registrò a Monza. In gara entrambe le squadre non furono perfette nei rispetti pit stop, e fu così che all’uscita dai box da parte di Hamilton, i due entrarono in collisione e finirono fuori gara. Su una pista in cui la Mercedes doveva fare un sol boccone degli avversari, si ritrovò con uno zero pesante per l’inglese.
Nelle gare successive iniziarono i problemi legati alla PU per la casa di Stoccarda, che prese una miriade di penalità che mai si videro dall’inizio del 2014. Da un lato ci fu un problema legato all’affidabilità, dall’altro il tentativo di spingere fino all’ultimo cavallo per battere gli avversari. Ma arrivati in un altro feudo grigio come Austin, il tandem Red Bull-Verstappen tirarono fuori un’altra gara magistrale. Per tutti gli addetti ai lavori ed i tifosi, quel successo, aveva il gusto del colpo del ko alle speranze mondiali di Hamilton. A differenza di quello costruttori dove la Stella poteva fare affidamento su Bottas, al contrario degli anglo-austriaci con Perez.
Ma fare previsioni in questo mondiale era cosa assai ardita, perché puntualmente le cose prendevano una piega inaspettata. E fu così anche in Brasile, a conclusione della triade americana. Ancora una volta la Mercedes decise di prendere penalità, ed Hamilton prese la pole il venerdì (ultimo weekend con la sprint race). Ma nelle verifiche post qualifiche si scoprì che l’apertura del DRS di Hamilton superava i limiti, e Verstappen fu ripreso da alcuni video intento a toccare proprio la parte incriminata.
Questo perché proprio nelle settimane precedenti scoppiò un caso tra i due team rivali sull’ala posteriore, nuovamente. In questo caso era Red Bull ad accusare Mercedes di usare una sorta di abbassatore che alle alte velocità migliorasse l’efficienza dell’ala. Alla fine dei consiglio dei commissari, terminato inspiegabilmente a pochi minuti dallo spegnimento dei semafori della sprint, Hamilton fu squalificato e così costretto a partire dall’ultima posizione, mentre l’olandese multato.
Fu un weekend storico, perché Hamilton dall’ultima posizione rimontò fino alla 5°, ma complice la sostituzione dell’unità endotermica, partì 10° la domenica andando a vincere. I due arrivarono nuovamente quasi ad una collisione, con una manovra illegale da parte del giovane alfiere Red Bull, che dall’interno portò fuori pista il rivale. I commissari ritennero la mossa legale. E questa fu altra benzina gettata su un fuoco che diventa sempre più indomabile.




Scontro al chiaro di luna arabo
Arrivati alla vigilia del primo GP dell’Arabia Saudita, la Red Bull non era più la macchina con il vantaggio tecnico visto nella prima metà della stagione. Gli ingegneri di Brackley, da dopo Austin, misero definitivamente a punto la W12 che aveva ormai sovvertito il momentum, con Hamilton ormai a pochi punti dall’olandese. A Milton Keynes, invece, non restava che curare maggiormente la qualifica, per partire davanti al rivale e sperare nel loro giovane pilota.
Infatti durante il tentativo finale in qualifica, Verstappen stava compiendo un giro clamoroso. Ma arrivato proprio all’ultima curva toccò il muro, rompendo i braccetti della posteriore destra. La domenica in gara sembrava che tutto stesse andando liscio in favore del #44, ma l’incidente di Schumacher innescò la bandiera rossa, che andò in favore dell’olandese il quale ancora non aveva effettuata la sosta. Da qui le reazioni di disperazione di Hamilton, che iniziò ad osservare ogni minima azione di Verstappen che poteva indurlo a reclamare una penalità per il #33.
Ed è in questo momento che iniziarono i fuochi d’artificio, tanto che sembrava di assistere ad un incontro di boxe, dove ogni colpo era lecito. Perché Verstappen, essendo avanti in classifica, si difese strenuamente andando spesso oltre il limite, tagliando due volte la prima curva nel tentativo di difendersi. Ma la seconda portò al momento in cui la tensione arrivò alle stelle. Era stato ordinato all’olandese, dal proprio muretto, di riconsegnare la posizione al 7 volte campione in modo strategico. Verstappen lo fece, ma causò quello che in gergo viene chiamato brake test.
Hamilton e Mercedes su tutte le furie (diventata virale la reazione di Wolff che disintegra le cuffie), ma nonostante questo, ed un’ala anteriore danneggiata, l’inglese portò a casa la vittoria. Con un solo GP da disputare, i rivali di una stagione erano nuovamente a pari punti come ad inizio stagione. Un evento che in F1 era capitato solo una volta oltre 40 anni prima.


23 gare non sono bastate, si decide tutto all’ultimo giro
Arrivati ad Abu Dhabi gli occhi del mondo puntavano la pista di Yas Marina ed i due contendenti al titolo. Verstappen mise le cose in chiaro prendendosi la pole come 12 mesi prima. Hamilton fu lì, al suo fianco, con un passo gara decisamente migliore, ma sapendo che dovrà sfruttare la partenza. E così fece.
Allo spegnimento dei semafori l’olandese partì male e l’inglese prese la testa. Arrivati a curva 5, prendendo tutta la scia, Verstappen ci prova. Ma Hamilton rispose con una manovra effettuata da Max una settimana prima, tagliando la chicane, difendendosi dall’attacco. Ovviamente l’alfiere della scuderia austriaca si aprì via radio denunciando l’accaduto, la direzione di gara si espresse con un nulla di fatto.
La gara stava scivolando via tranquillamente con l’inglese che stava viaggiando con un passo superiore a quello del giovane rivale. L’unica apprensione fu quando il #44 dovette superare Perez che, per aiutare il suo compagno a riavvicinarsi, vendette cara la pelle. Tempo perso che a fine gara risulterà determinante. Eh si perché proprio mentre si stava pregustando il sorpasso di Hamilton su Schumacher nell’albo d’oro, accade un ennesimo colpo di scena.
Latifi, proprio mentre era in battaglia con il figlio del Kaiser, andò a muro innescando l’uscita della SC a pochi giri dalla bandiera a scacchi. E qui venne scritta una delle pagine più nere della F1. Il direttore di gara Micheal Masi, che già negli ultimi weekend prese delle decisioni discutibili, andò nel pallone. E sotto la pressione dei due team, da prima vietò che i doppiati tra i due contendenti si sdoppiassero, per poi cambiare idea pochi secondi dopo. Il tutto favorì Verstappen, il quale era rientrato a montare le soft, a differenza del rivale che, proprio a causa dei secondi persi con Perez, non poté rientrare ai box.
A questo punto con la voglia di dare un finale racing ad uno dei mondiali più spettacolari, la storia era scritta. Hamilton si fece bucare in curva 4, un po’ a sorpresa, da Verstappen, il quale dovette difendersi solo dal disperato attacco dell’alfiere Mercedes in curva 5. Ed una volta passato il traguardo Verstappen si laureò campione del mondo per la prima volta, interrompendo un’egemonia durata 8 anni e riportando a casa Red Bull il titolo piloti dopo il quadriennio d’oro firmato Sebastian Vettel.
Ovviamente al termine della gara, grazie all’accaduto, l’altissima tensione accumulata dopo ben 23 gare deflagrò completamente. La casa di Stoccarda, pur vincendo l’ottavo titolo costruttori di fila, era furibonda, con un Hamilton incredulo ed incapace di spiegare cosa fosse successo. A questo seguirono due reclami da parte dei legali tedeschi, che vennero prontamente rigettati dalla Federazione. La Mercedes alla fine, nei giorni seguenti, decise di non proseguire con la battaglia legale, complimentandosi con i rivali.



La resurrezione della fenice Rossa ed un centrocampo di mischia
Le emozioni non sono mancate assolutamente neanche alle spalle dei due top team. Perché fin dalla prima gara la corsa per il terzo posto costruttori e al quinto piloti fu incertissima. Al termine della dura battaglia la spuntò, alla lunga, la Ferrari che dopo un anno horribilis riuscì a risollevarsi, prendendosi la terza piazza nel costruttori (obiettivo stagionale) ed a sorpresa la quinta piloti con Sainz.
La lotta per l’ultimo gradino del podio fu combattuta con la McLaren, rievocando battaglie storiche tra i due team, che stanno cercando di tornare al vertice. Il punto di svolta fu l’introduzione del nuovo sistema ibrido da parte di Maranello, da lì la Papaya non riuscì a tenere il passo della Rossa.
In 5° posizione, dopo una partenza claudicante, chiuse l’Alpine che sul finale di stagione è cresciuta molto, riuscendo a vincere con Ocon nella gara pazza dell’Ungheria e cogliere un podio con Alonso. Per l’asturiano un ritorno in top tre ben 7 anni dall’ultima volta. In questo caso il team francese ebbe la meglio sull’AlphaTauri, che ha disputato la stagione migliore a livello di costanza di rendimento della sua storia. La conferma fu il talento di Gasly, il quale portò in dote il maggior numero di punti disputando la sua miglior stagione, anche se scarsamente coadiuvato dal rookie giapponese Tsunoda.
Successivamente si piazzarono la rientrante Aston Martin, delusione della stagione 2021, che grazie al neo acquisto Vettel riuscì solamente a portare a casa una seconda piazza in Azerbaijan, ma per il resto prestazioni altamente deludenti dell’AMR21 rispetto alle attese. La Williams che, grazie al podio di Russell nella gara farsa di Spa ed i punti in Ungheria di Latifi, si scrollò di dosso l’ultima posizione. A chiudere la graduatoria i due motorizzati Ferrari, e cioè Alfa Romeo ed Haas, la quale decise di concentrare le proprie energie in vista del 2022 e far crescere la sua coppia di rookie senza pressioni.
Il 2021 verrà ricordato come uno dei campionati più emozionati di sempre, con all’interno innumerevoli battaglie in pista (e fuori), terminato con uno degli epiloghi più imprevedibili che sarà destinato a far parlare ancora nel tempo.