Da talento, ad eterna promessa incompiuta. Questa è la parabola che riassume perfettamente gli undici anni in F1 di Daniel Ricciardo. Pilota di scuola Red Bull nativo di Perth, con chiari origini italiane, fa il suo esordio nel GP di Gran Bretagna 2011 in HRT. Restandoci sino al termine della stagione, in sostituzione dell’indiano Narain Karthikeyan. Ad esclusione del solo GP d’India in cui con il ritorno dell’indiano, per chiari motivi di sponsor ed economici, sostituì Vitantonio Liuzzi.
L’approdo in Toro Rosso ed i primi anni alla corte di Horner
Già nell’orbita del team di Milton Keynes e quello cugino di Faenza, con il ruolo di collaudatore e terzo pilota, inizia la sua scalata in seno alla Red Bull diventando nel 2012 titolare in Toro Rosso. Da lì è un crescendo di risultati e prestazioni che lo porteranno in breve tempo, nel 2014, a fare il salto nella squadra principale. In sostituzione del connazionale Mark Webber, che a fine 2013 avrebbe appeso il casco al chiodo. Trovandosi di fianco al neo quattro volte campione del mondo Sebastian Vettel.
Ricciardo approda alla corte di Milton Keynes nel momento peggiore, che coincide con l’inizio dell’era turbo ibrida. Il motore Renault non garantisce più la performance del suo predecessore aspirato. E di conseguenza la Red Bull si vede subito tagliata fuori dalla lotta iridata, dopo 4 anni di trionfi.
Il giovane australiano, dal canto suo, parte forte e coglie subito un podio in casa sua. Gioia che dura poco, vista la squalifica arrivata nel dopo gara. Il proseguo della stagione del numero 3 è ottimo. Batte a ripetizione un Vettel ormai senza più fiducia da parte del team e demotivato, per via della situazione tecnica in cui versava la RB10. Oltre alla mancanza di stimoli per l’aver dato tutto per la causa anglo-austriaca. L’Aussie centra la sua prima vittoria in F1 in Canada, in un GP in cui le Mercedes patiscono gravi problemi al raffreddamento dei freni. E si ripete qualche settimana più tardi in Ungheria.

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Il “terremoto” Verstappen e l’abbandono alla Red Bull
Con Vettel promesso sposo della Ferrari, sembra essere Ricciardo il nuovo cavallo su cui Horner e Marko puntano per tornare alla vittoria, nonostante una macchina ancora non apposto neanche nel 2015 e nella prima metà del 2016. Tutto sembra indirizzato dalla sua parte. Ma non fu così, in quanto accadde un evento inaspettato che cambierà le sorti della F1 e dell’italo-australiano stesso. Alla vigilia del GP di Barcellona, i vertici Red Bull promuovono un ancora minorenne Max Verstappen dalla Toro Rosso. Rispedendo il russo Danil Kvyat a Faenza, dopo il disastro scatenato in partenza nel suo GP di casa, speronando per ben due volte Vettel.
Clamorosamente Verstappen, dopo la carambola in cui entrambi i Mercedes sono finiti fuori in curva 4, vince all’esordio sulla RB12. Per Ricciardo sarà l’inizio della fine, perché da quel momento i vertici del team iniziano a battezzare l’olandese come pilota di punta. Considerando l’investimento fatto in precedenza ed i rischi presi nel far esordire un minorenne in F1. Nonostante il nativo di Perth porti a casa dei risultati degni della sua fama ed un affermazione di prestigio, come quella di Monaco nel 2018. Arrivata in un momento perfetto, essendo in piena trattativa di rinnovo. Mentre il suo vicino di box collezionava danni ed incidenti a ripetizioni, specialmente contro le Ferrari.
Ma i due arrivarono ai ferri corti varie volte. E saranno due i momenti di alta tensione che la squadra sarà costretta a gestire. Il primo è un incidente al via in Ungheria nel 2017, in cui Verstappen gli entra nella fiancata, costringendolo al ritiro. Con conseguente dito medio dell’australiano rivolto al suo compagno. Il secondo è l’incidente a Baku nel 2018 in staccata sul rettilineo principale. Il numero 33 si difese zigzagando in piena velocità, più volte del consentito, e Ricciardo a quel punto non riuscì ad evitare la collisione ed i due finirono fuori.
Capito che ormai la sua avventura a Milton Keynes è arrivata alla conclusione, a sorpresa Daniel annuncia il passaggio alla Renault nel pieno della pausa estiva. Proprio nel momento in cui radio paddock dava per fatto il rinnovo con Red Bull. Da quel momento diventa un corpo estraneo, pagando guasti tecnici a ripetizione. Ma nonostante questo riuscì a togliersi la soddisfazione di soffiare la pole position in Messico a Verstappen, insieme al record di più giovane poleman. Primato rimasto a Sebastian Vettel con la clamorosa pole a Monza nel 2008 sulla Toro Rosso. Mandando su tutte le furie Helmut Marko ai box.


L’inizio del declino
Uscito dall’ovile in cui era cresciuto per tutta la carriera, ed in cui aveva raggiunto l’apice, Ricciardo si dovette scontrare con una caratteristica che è sembrata sempre mancargli. E cioè quella dell’adattarsi ad una monoposto diversa dalla Red Bull e guidare sui problemi. Non di certo una problematica di poco conto, in quanto lo ha fortemente penalizzato sia in Renault prima e sia in McLaren poi.
Il pilota aggressivo visto a bordo delle creature di Newey e con la sua proverbiale staccata che lo portava a compiere dei sorpassi all’ultimo instante, è diventato un lontano ricordo. Sulla giallona ci volle più di un anno prima di adattarsi, per poi scoprire che i tecnici di Enstone avevano utilizzato un marchingegno illegale in frenata, venuto alla luce in Giappone tramite un reclamo di un team avversario.
Arrivato a Woking nel 2021, la sua carriera è colata a picco definitivamente. Nella passata stagione è stato il peggiore in termini di adattamento ad una nuova monoposto, rispetto agli altri tre piloti che avevano cambiato casacca. I risultati sono stati pessimi anche in confronto con il talentuoso Norris, nonostante la vittoria di Monza che ha riportato la McLaren al successo dopo svariati anni di digiuno.
Ma il risultato indelebile scolpito nella sua mente, ed in quella degli appassionati ed addetti ai lavori, è senz’altro la pessima figura rimediata a Monaco. Dove si è visto doppiato addirittura dal vicino di box. E le cose sono peggiorate ancor di più quest’anno, con la nuova generazione di vetture ad effetto suolo.

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Per stessa ammissione del giovane inglese, la MCL36 non si sposa per niente alle sue caratteristiche, anzi è l’esatto opposto di quello che vorrebbe. E nonostante una partenza ad handicap, a causa di problemi di surriscaldamento ai freni che ha minato la prima parte di stagione del team, il nativo di Bristol è nuovamente il primo degli altri nel mondiali piloti. Mentre Ricciardo ha arrancato per tutta la stagione nei bassifondi od a ridosso della zona punti. Tranne nella gara di domenica in Messico, dove si è portato a casa uno splendido 7° posto.
Nonostante un contratto che prevedesse un altro anno e le dichiarazioni di smentita in estate, l’australiano è stato accompagnato alla porta da Zak Brown. Guarda caso per far debuttare al suo posto un altro australiano, come capitato a lui in Red Bull. E cioè Oscar Piastri. Strappato all’Alpine dopo la diatriba che ha tenuto banco in fibrillazione l’intero Circus, durante la pausa.
Un futuro incerto
A questo punto per Ricciardo le uniche possibilità per rimanere in griglia nel 2023 erano Haas o Williams. Progetti che non hanno convinto il numero 3. La prospettiva è quella di diventare terzo pilota Mercedes, con gradimento sia di Hamilton che di Toto Wolf. Restando a disposizione in caso di necessità, oltre che rimanere alla finestra per il mercato 2024. Sperando di conseguenza anche nel ritiro nel sette volte iridato, il quale però ha recentemente dichiarato l’intenzione di voler rinnovare per molti anni ancora.
La trattativa è reale ed è stata confermata dallo stesso manager austriaco, mentre l’australiano ha professato calma. In quanto non ha fretta al momento di decidere nell’immediato il suo futuro. È molto probabile che l’operazione andrà in porto, in quanto la scuderia ex campione del mondo non ha nessun pilota di riserva, a parte Vesti. In quanto De Vries andrà in AlphaTauri e Vandoorne è stato ufficializzato settimana scorsa come terzo pilota Aston Martin.
Se per il 2024 non dovesse arrivare quella chiamata da un top od un progetto valido che lui spera, allora accetterebbe di chiudere il capitolo F1 e spostarsi nella sua cara America. Al momento non sembrano esserci spiragli per una chiamata di prestigio, considerando anche le prestazioni degli ultimi quattro anni in calo. Ma il mercato piloti, specialmente quest’anno, insegna a non dare nulla per scontato.
Dalla starting grid se ne andrà un buon pilota ed un gran personaggio. Ma non un campione che poteva ambire al mondiale, come qualcuno l’ha descritto più volte. La sua prima stagione al fianco di un Vettel demotivato, è stata la sua croce negli anni a venire. Perché questo l’ha portato ad essere, spesso e volentieri, sopravvalutato dalla critica. Nonostante non sia riuscito a confermare le aspettative createsi su di lui.
Oltre ad essere sempre giustificato in questo ultimo biennio, dalla critica, a causa della forte simpatia che ha suscitato nel pubblico. Qualità che sicuramente mancherà nel paddock e nella F1 dalla prossima stagione. Ma che non cambierà il fatto che rimarrà, per il momento, un talento incompiuto.